Uomini e donne: la rabbia a confronto

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Sino a qualche decennio fa la rabbia nelle donne è stata classificata assente e sostituita dal dolore e dalla rassegnazione o, addirittura, equiparata a rabbia auto-orientata, auto-distruttiva e colpevolizzante, a tratti di isteria o addirittura alle conseguenze del morso di un ragno.

A partire dall’infanzia, la rabbia veniva percepita dalle bambine come sconveniente e penalizzante. Sin da piccole imparavano a sopportare disagi e frustrazioni, al contrario dei bambini che godevano di una maggiore libertà nell’esprimere le loro emozioni.

Oggi, però, qualcosa è cambiato ma è innegabile che esistano ancora notevoli differenze tra l’espressione di rabbia di un uomo rispetto a quella di una donna che, nell’opinione comune, ha il compito sociale di essere piacevole, non fastidiosa e di “abbellire” il mondo piuttosto che cambiarlo.

Prevalentemente la donna, essendo associata al concetto di cura, di maternità, di dolcezza, se “perde le staffe” è considerata isterica. Le opinioni più diffuse, ma chiaramente sessiste e pregiudizievoli, parlano di cause legate alla mancanza di una figura maschile al proprio fianco oppure, ancor peggio, alla privazione di relazioni sessuali falliche.

Rabbia cervellotica e rabbia uterina

La rabbia dell’uomo è spesso considerata cervellotica e viscerale, mentre quella della donna, in modo sprezzante, “uterina”. Le cause che inducono alla rabbia, invece, sono le stesse sia nell’uomo che nella donna, anche se molti studi attribuiscono soprattutto al testosterone la causa di un’eccessiva aggressività. Questo ormone, molto più presente nell’uomo che nella donna, una volta prodotto raggiunge rapidamente il cervello, trasmettendo all’ipotalamo i suoi propositi. L’elevato tasso, rispetto alle donne, spiegherebbe il motivo per cui gli uomini sono più aggressivi e competitivi.

Nel cervello della donna il cosiddetto corpo calloso, che unisce e mette in contatto i due emisferi cerebrali, ha un maggior volume e spessore rispetto a quello maschile. Ciò consente uno scambio di informazioni più intenso tra i due emisferi, una maggiore capacità di essere pragmatica e di cogliere più dettagli in ciò che la circonda, oltre ad essere più empatica.

Nonostante tale naturale e biologica eccezione, è possibile affermare che uomo e donna sono sempre più simili nel manifestare le due principali forme dell’espressione della rabbia: la frustrazione e l’aggressività. Per paradosso, si può affermare che la somiglianza della rabbia femminile a quella maschile è da ritenersi una “conquista” della donna poiché per anni è stato primato esclusivo dell’uomo.

Invidia, rabbia e illusione: i veleni dell’animo umano

Un insegnamento buddista declama che l’invidia, la rabbia e l’illusione costituiscono i tre “grandi veleni” che inquinano l’animo umano; di conseguenza, è sbagliata l’idea che tali emozioni siano imprescindibili sia per l’uomo che per la donna per raggiungere qualsiasi traguardo.

Permane, tuttavia, nell’opinione comune, la concezione secondo la quale una donna arrabbiata è un’arpia, una bisbetica, una strega, mentre un uomo, se non risponde ad una provocazione, viene considerato un debole o un codardo, o peggio, in modo infamante, uno senza carattere.

L’antropologia può spiegare meglio questi aspetti: recenti studi hanno dimostrato che gli uomini e le donne hanno, nel tempo, associato una specifica espressione facciale ai compiti loro assegnati all’interno della comunità, inducendo nei primi segnali espressivi di rabbia per segnalare la dominanza e l’aggressività, mentre nelle seconde espressioni felici favorendo l’attrazione e, di conseguenza, l’accoppiamento.

Difatti, la tendenza al sorriso delle donne viene interpretata come espressione caratterizzante e rivelatrice di emozioni legate al caregiving ed a stereotipi sessuali come la felicità, mentre per gli uomini le emozioni negative, in particolare la rabbia, manifestano il loro ruolo protettivo e competitivo. Infatti, è più facile ricordare un volto maschile arrabbiato che non un volto maschile felice, quasi a voler sottolineare la familiarità tra la memoria e gli stereotipi.

Se si analizzano, inoltre, le circostanze che determinano tali manifestazioni, emerge che la donna arrabbiata mostra le sue emozioni meno dell’uomo, interrompendo il contatto oculare ed il dialogo e sconfinando nel pianto, sentendosi colpevoli di non saper reagire adeguatamente.

Gli uomini, al contrario, trasferiscono l’emozione nel corpo e nel comportamento reagendo sul piano fisico, al contrario le donne sfogano la loro rabbia colpendo a parole il partner sul piano economico o affettivo.

La soluzione a tali dannosi comportamenti potrebbe essere quella di imparare, per entrambi, ad arrabbiarsi meglio: meno violenza fisica per gli uomini e meno senso di colpa per le donne.

Dr. Maria Sole Lepori

Dr. Cristina Colantuono

 

BIBLIOGRAFIA

BRAMUCCI A., R come rabbia, Assisi, Cittadella Editrice, 2012.

KLEIN M., trad. GUGLIELMI A., Aggressività, angoscia, senso di colpa, Torino, Bollati Boringhieri, 2012.

KLEIN M., Invidia e gratitudine, Firenze, Giunti Editore, 2012.

SITOGRAFIA

www.psychologytoday.com

www.rivistadipsichiatria.it

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