Il termine burnout si riferisce al lavoratore “bruciato” ed esausto a causa dello stress lavorativo prolungato, l’opposto dell’engagement (vigore, impegno e coinvolgimento lavorativo) secondo Maslach e Leiter.
Lo stress è una risposta aspecifica dell’organismo esposto ad un agente stressante (stressor) ed il burnout è quindi una condizione di distress negativo cronicizzato che complica la capacità di conciliare attivazione interna e richieste esterne.
Originariamente associato a professioni di aiuto, oggi riguarda qualsiasi occupazione.
Come riconoscerlo
Quando si parla di burnout, non si tratta solo di un rischio ma di una vera e propria patologia poiché si caratterizza per esaurimento nervoso, depersonalizzazione, cinismo e scarsa efficacia.
Tra i sintomi ci sono infatti una combinazione pericolosa di stanchezza psicofisica ed esaurimento emotivo, un atteggiamento di distacco dall’attività lavorativa con disaffezione da ruolo, obiettivi e valori professionali e conseguente ridotta efficacia cioè la sensazione di essere incapaci a contribuire significativamente al proprio lavoro.
Fase Iniziale e Fattori di Rischio
Il burnout inizia con una fase di logoramento, causata dal divario tra richieste esterne e risorse interne. Alcuni tratti della personalità possono aumentare la vulnerabilità al burnout.
Bakker e colleghi (2002) mostrano che chi possiede autoefficacia, sicurezza di sé e relazioni interpersonali significative è più resistente al burnout, chi tende a sottovalutare le proprie capacità e ad essere autocritico risponde più intensamente allo stress, con maggior rischio di esaurimento emotivo e burnout.
In risposta all’esaurimento, si può sviluppare un distacco dal lavoro come fuga psicologica e quindi ridotta efficacia ed autostima.
Un indicatore che funge da campanellino d’allarme è la necessità di recupero (need far recovery), con difficoltà nel rilassarsi, bisogno di lunghi riposi e senso di esaurimento al ritorno al lavoro.
Considerati i sintomi, le conseguenze possono essere molto gravi sia a livello personale, aziendale che di impatto socio-economico: malattie, assenteismo, richieste di aspettativa, abuso di alcool, abuso di psicofarmaci e stupefacenti, aumento del tabagismo, comportamenti violenti, ansia, depressione e suicidio.
Come prevenire?
Il principale consiglio da offrire a chi vuole prevenire lo stress professionale è quello di bilanciare il tempo speso a lavorare con sane attività ricreative e sportive. Organizzarsi per staccare la spina, prevedere occasioni reali incentrate sul benessere, su attività rilassanti, pratiche, funzionali al riequilibrio delle energie spese nel lavoro: un weekend fuori, una passeggiata al parco, un aperitivo con gli amici, una doccia calda…
Se i livelli di stress sono ormai troppo alti, parlarne con uno psicologo può senza dubbio aiutare.
A livello aziendale, al fine di prevenire il burnout è fondamentale effettuare una valutazione reale e trasparente del rischio da stress lavoro-correlato negli ambienti lavorativi e organizzare poi degli interventi mirati a tutti i livelli professionali presenti in azienda. Obbligo per altro sancito dal Decreto 81.
Vale la pena ricordare come la salute definita dall’O.M.S. sia uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non solo assenza di malattia e soprattutto sul posto di lavoro l’individuo deve essere considerato come un sistema unitario e aperto che ha necessità di essere sempre in equilibrio con il proprio ambiente.
Tutto ciò considerato, è lecito domandarsi: è il mercato del lavoro inadatto all’uomo o viceversa?
Un dubbio che sottolinea ora più che mai la necessità di adattare il lavoro alle esigenze dell’individuo e non viceversa.
Dr.ssa Mihaela Iemma
Dr.ssa Cristina Colantuono
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