La psicoterapia è un trattamento ampiamente utilizzato per affrontare una vasta gamma di disturbi mentali e promuovere il benessere psicologico attraverso i colloqui tra il terapeuta e il paziente.
In questo articolo esploreremo l’affascinante connessione tra la psicoterapia e le neuroscienze, rivelando come queste due discipline si influenzino reciprocamente.
Comprendere la neuroplasticità
La plasticità neurale è la straordinaria capacità del cervello umano di adattarsi e cambiare la sua struttura in base alle esperienze vissute. Questo processo avviene attraverso l’interazione dei processi neurofisiologici cerebrali con le esperienze di vita.
Numerosi studi sulle funzioni cognitive come l’apprendimento e la memoria hanno dimostrato che la plasticità neurale è alla base di tali processi. Questi studi evidenziano come l’ambiente in cui si vive e le relazioni sociali possano influenzare e modificare effettivamente la struttura del cervello.
Ad esempio: se una persona si sottopone a un intenso programma di studio, il suo cervello sarà in grado di adattarsi e modificare i suoi circuiti neurali per migliorare le capacità di apprendimento e memorizzazione. In modo simile, le relazioni interpersonali positive possono stimolare la plasticità neurale, promuovendo la formazione di nuove connessioni tra le cellule cerebrali.
La connessione tra il cervello e l’esperienza è un elemento fondamentale da considerare quando si esaminano i disturbi psicopatologici. Questi disturbi si caratterizzano non solo per la presenza di sintomi specifici, ma anche per i modelli distintivi di attività cerebrale osservati.
Nel caso di soggetti affetti da disturbi d’ansia, ad esempio, il cervello può presentare una maggiore attivazione dell’amigdala, una struttura coinvolta nel controllo delle emozioni ma al contempo può mostrare un ridotto funzionamento delle aree prefrontali, responsabili della regolazione delle emozioni. Questa disfunzione nella comunicazione tra queste regioni cerebrali potrebbe contribuire all’esperienza di ansia e all’incapacità di controllare le emozioni.
Analogamente, nei casi di depressione maggiore, si registra una diversa attivazione cerebrale rispetto agli individui non affetti. Le regioni coinvolte nel controllo dell’umore, come l’ipotalamo e la corteccia cingolata anteriore, possono presentare un’attività ridotta, mentre altre, come l’amigdala, possono essere iperattive. Questi modelli di attivazione cerebrale possono contribuire alla sintomatologia depressiva, includendo la mancanza di interesse e la disforia.
Ruolo della Psicoterapia nella Modulazione della Neuroplasticità
L’intervento psicologico o psicoterapeutico, indipendentemente dalla teoria di riferimento del terapeuta, è un’esperienza che mira a promuovere dei cambiamenti a livello cognitivo, comportamentale ed emotivo. Può essere quindi definito come un catalizzatore dei meccanismi di plasticità cerebrale, poiché aiuta il cervello a ristrutturare le connessioni esistenti, indebolendone alcune e rafforzandone altre.
Inoltre, nei percorsi psicologici si acquisiscono spesso nuove conoscenze, come abilità, prospettive o tecniche. Questo aumenta, ad esempio, la formazione di nuove sinapsi (sinaptogenesi), ovvero la creazione di connessioni solide e stabili che accompagnano l’individuo durante il suo processo di sviluppo.
Grazie alla plasticità cerebrale, si possono creare opportunità di cambiamento attraverso la parola e il linguaggio non verbale. Strategicamente, come terapeuti si interviene per facilitare la costruzione di una nuova rete, essa rappresenta perciò l’occasione di riorganizzare il proprio assetto mentale.
La ricerca ha quindi dimostrato che sia la psicoterapia che la terapia farmacologica sono efficaci nel trattamento di diverse patologie psichiche, inducendo un miglioramento clinico significativo nei pazienti. Entrambi i tipi di trattamento agiscono a livello cerebrale, influenzando l’attività neuronale delle stesse regioni cerebrali e producendo cambiamenti simili in alcuni parametri biologici, come i fattori neuroendocrini.
Nel caso dei disturbi d’ansia e dell’umore, è stato osservato che vi sono cambiamenti funzionali nel cosiddetto “circuito della paura”, che coinvolge la corteccia prefrontale, l’ippocampo e l’amigdala. Nei pazienti affetti da questi disturbi, si riscontra spesso un’eccessiva attivazione dell’amigdala e un ridotto funzionamento della corteccia prefrontale.
La psicoterapia è in grado di normalizzare il funzionamento di questo circuito, favorendo un aumento dell’attivazione della corteccia prefrontale e migliorando la sua capacità di inibire l’amigdala. La neuroscienza insegna quindi che la psicoterapia agisce anche sui sistemi biologici del cervello, disattivando le mappature disadattive e promuovendo percorsi nuovi e costruttivi.
Conclusioni
L’indagine dell’interazione tra psicoterapia e neuroplasticità apre nuove prospettive nel campo della salute mentale. Comprendere come la psicoterapia può influenzare la neuroplasticità potrebbe portare verso approcci terapeutici più mirati e personalizzati. Inoltre, l’utilizzo di tecniche complementari, come la stimolazione cerebrale non invasiva, potrebbe potenziare i benefici della psicoterapia sulla neuroplasticità.
Fondare la psicoterapia su basi scientifiche ed esplorare le sue implicazioni sul piano biologico incentiva la necessità di un’apertura nei confronti di una ricerca multidisciplinare integrata, che apra all’elaborazione di modelli sempre più complessi ed efficaci su cui fondare trattamenti evidence-based.
Dr. Paola Vitale
Dr. Cristina Colantuono
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