“Anoressia” è un termine che deriva dal latino: a-norexia, letteralmente significa mancanza di appetito, ed è una condizione che si verifica in varie manifestazioni mediche.
Quando parliamo di Anoressia Nervosa ci riferiamo, invece, ad una condizione psicologica diversa: il soggetto decide deliberatamente di sottoalimentarsi in modo estremo nonostante abbia fame. Va, dunque, sfatato, in tal senso, il mito dell’assenza di appetito in chi soffre di tale patologia.
Nel libro best seller di Fabiola De Clerq “Tutto il pane del mondo” questo concetto è ben espresso dall’autrice, la quale sostiene che l’anoressica vorrebbe mangiare tutto il pane del mondo ma non lo può fare. Non se lo permette perché ha preso la decisione irrevocabile di non partecipare alla vita. La vita la vede scorrere ma non può prendervi parte anche se vorrebbe.
L’alimentazione è correlata al mantenimento della vita, al piacere ed alla convivialità. Aspetti questi che però nell’AN non esistono perché preminente è il controllo estremo sull’alimentazione, sul proprio corpo e sul mondo circostante. Questo tipo di ipercontrollo alimentare, vista la ridottissima quantità di nutrienti introdotti nell’organismo può portare alla morte ed infatti, rispetto alle altre malattie psichiatriche, è un disturbo che ha un alto tasso di mortalità.
Esistono delle teorie che sostengono che l’AN nasconda una tendenza al suicidio ma le ricerche della Selvini Palazzoli e del suo”Milan Approach” evidenziano in modo esaustivo che così non è: ”…In effetti la morte come quotidiano biologico star-morendo è rifiutata, come è rifiutato l’invecchiamento, l’ingrassamento, il decadimento esistenziale inevitabile” (Palazzoli, 2013, 90).
Ciò non esclude che in gravissimi casi di malnutrizione intervenga la morte non come intenzione volontaria ma come conseguenza del gravissimo stato di denutrizione innescato dalla malattia e che trova le sue radici in una o più componenti psicologiche compromesse che vanno affrontate e indagate.
QUALE PSICOTERAPIA ?
Esistono diverse possibilità terapeutiche finalizzate al recupero del peso e solitamente, vista la resistenza della malattia, si predilige una prospettiva multidisciplinare integrata, all’interno della quale diverse figure professionali possono collaborare in sinergia: medico di base, internista, nutrizionista, psicologo, psichiatra.
Tra i vari orientamenti, l’approccio breve strategico è quello che risulta particolarmente valido, veloce e concreto perché interviene con un numero di incontri ridotto rispetto agli altri approcci.
Nello specifico, la terapia breve strategica interviene direttamente sul problema, attraverso l’utilizzo, tra le varie tecniche, di strategie verbali e prescrizioni comportamentali che vanno a ristrutturare l’esperienza emozionale negativa che si traduce dapprima in un diverso comportamento del paziente, senza che egli se ne renda conto, e successivamente in una presa di coscienza del circolo vizioso patologico innescato dalla malattia.
E’ attraverso il colloquio strategico che si interviene per risolvere la problematica della persona anoressica.
MA COSA FA NEL CONCRETO LA TERAPIA BREVE STRATEGICA?
Rovescia il problema, lo accoglie e lo sovverte con strategie mirate. Va ad apportare piccoli cambiamenti che provocano una reazione a catena che fa rende l’intervento terapeutico quasi magico.
La terapia breve strategica, a differenza delle terapie classiche che ritengono fondamentale andare a ricostruire le cause che hanno portato il soggetto a soffrire di AN, ritiene che questo non sia un aspetto da considerare fondamentale in quanto la causa ipotizzata è un aspetto che ha valore solo conoscitivo ma non terapeutico: il passato non può essere modificato e andare a ricercarne le cause, anziché risolverle, alimenta il problema.
La terapia breve strategica si concentra sul qui ed ora attraverso un linguaggio suggestivo. Sulla situazione attuale (sia psicologica che relazionale del paziente) e sulle tentate soluzioni che ha messo in atto perché sono quest’ultime che spesso alimentano la problematica.
Il sintomo tiene in omeostasi una situazione relazionale disfunzionale e tiene in vita la patologia. Ed è proprio l’omeostasi che viene scardinata attraverso manovre strategiche che modificano la modalità reattivo-percettiva stereotipata per andare ad effettuare una correzione a livello percettivo e reattivo del soggetto anoressico nei confronti del cibo, per condurlo verso una guarigione e per creare nuovi equilibri maggiormente funzionali dell’intero sistema familiare e maggiormente funzionali allo scorrere piacevole della vita.
Dr. Rosa Genovese – Dr. Cristina Colantuono
BIBLIOGRAFIA
De Clerq F., Tutto il pane del mondo. Cronaca di una vita tra anoressia e bulimia, Bompiani, Milano, 2008
Selvini Palazzoli M., L’anoressia mentale. Dalla terapia individuale alla terapia familiare, Feltrinelli Editore, Milano, 2013
Watzlawick P., Beavin J.H., Jackson D.D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma, 1971
Nardone G., Psicosoluzioni, RCS, Milano, 1998