In questo nuovo articolo parleremo di Haley e delle basi della comunicazione suggestiva, se non lo avete ancora fatto vi invito a leggere il nostro articolo precedente sulla Comunicazione patologica e i doppi legami
Haley è stato uno dei pionieri nel campo della comunicazione patologica ad asserire che la psicologia induceva, attraverso l’utilizzo di termini obsoleti, a produrre categorie diagnostiche che creavano realtà cliniche distorte e non rispecchianti la complessità dell’individuo. Pertanto dichiarava che bisognava rifondare, prima che le teorie e le tecniche, la terminologia che le diverse forme di psicoterapie utilizzavano per comunicare intorno ad esse (Haley, 1963).
Haley raccoglie l’eredita di Milton Erickson fondendo i contributi di quest’ultimo sull’ipnoterapia con il modello della comunicazione proposto dalla scuola di Palo Alto. Da Erickson, Haley mutua inoltre l’utilizzo di uno stile direttivo della comunicazione e l’assegnazione al paziente di compiti da svolgere a casa. Erickson (il cui contributo alla comunicazione suggestiva ed ipnotica sarà analizzato nel prossimo capitolo) adottava una miriade d’intuizioni che gli provenivano dall’analisi puntuale delle modalità comunicative verbali e non verbali del paziente. Questa scrupolosa osservazione avrebbe poi influito sulle geniali comunicazioni suggestive da effettuare sul paziente attraverso trabocchetti, prescrizioni, paradossi, tecniche ipnotiche e non ipnotiche.
L’unione di tali tecniche con le teorie del doppio legame portò Haley, e con lui i maggiori esponenti della scuola di Palo Alto, ad elaborare teorie del trattamento che utilizzassero sapientemente la comunicazione suggestiva. L’autore darà una definizione del ruolo del terapeuta indicandolo come colui che: “…mantiene l’iniziativa in tutto quello che si verifica nel corso della terapia, ed elabora una tecnica particolare per ogni singolo problema” (Haley, 1973).
Nelle opere di Haley traspaiono alcuni concetti fondamentali per la nascita e lo sviluppo dell’approccio strategico. Essi possono riassumersi nei seguenti punti:
- il potere ed il controllo che una persona cerca di ottenere durante le interazioni sono alla base delle relazioni umane. Il ruolo di predominanza o di sottomissione degli individui, ne determina i gradi di libertà d’azione, nonché l’insorgere dei disturbi psichici;
- ogni contesto clinico rappresenta un caso a sé;
- ogni sforzo dell’intervento mira alla risoluzione del problema nel modo più veloce ed efficace possibile e al cambiamento del modo di comportarsi del paziente;
- il terapeuta deve possedere caratteristiche precise, ossia essere direttivo, attivo e “manipolatore”. Qualunque terapeuta dichiari di non possedere tale influenza, la adopera ugualmente in modo implicito;
- la caratteristica del linguaggio direttivo è che, sia che venga disubbidito sia che venga messo in opera, produce informazioni;
- la comunicazione suggestiva è la mossa strategica più adatta da utilizzare durante la psicoterapia, che riteneva essere “una partita a scacchi”.
- il sintomo non va visto come l’espressione di un contenuto mentale posto all’interno dell’individuo, ma come una modalità di trattare le altre persone (Haley, 1963).
Haley sosteneva che nel passaggio dallo studio del singolo a quello del sistema composto da più persone, entrava in gioco la comunicazione. Essa era intesa secondo un duplice aspetto: da una parte durante l’interazione un soggetto tenta di influenzare l’altro e di ottenere il controllo della relazione, dall’altra egli comunica che non può fare diversamente (Haley, 1963).
L’individuo dunque, secondo Haley, vive imbrigliato in contesti gerarchici i cui rapporti, di dominio o di subordinazione, tendono a travasarsi da contesto a contesto. Le gerarchie di potere si ripresentano in terapia analogamente alle strutture osservabili durante le interazioni quotidiane dei soggetti. La conseguenza è che, siccome l’uomo non possiede adeguate risorse per fermare il fluire intercontestuale di queste caratteristiche relazionali, il compito del terapeuta diviene quello di acquistare potere per far giungere il paziente, in modo inconsapevole, ai comportamenti necessari alla riorganizzazione di tali pattern d’interazione. Attraverso l’influenza interpersonale e la suggestione comunicativa, diviene possibile modificare quei comportamenti patologici che rispecchiano le gerarchie apprese nei diversi contesti.
Il sintomo, dunque, rappresenta metaforicamente le strutture di relazione del paziente ed è affrontato e combattuto con le sue stesse armi. Infatti, è proprio l’utilizzo di metafore e paradossi, nonché della comunicazione ipnotica, che fornisce all’individuo nuove disposizioni funzionali nei confronti dell’ambiente. Il sintomo viene inteso come un comportamento appreso dal sistema d’appartenenza e messo in atto dall’individuo per porre delle limitazioni alle persone che lo circondano. Se il terapeuta gli impone d’usarlo attraverso ingiunzioni paradossali, egli non sarà più in grado di utilizzarlo a questo fine. Infatti, il paziente effettua, con l’esposizione del suo problema, una comunicazione paradossale, in cui l’individuo annuncia di fare qualcosa ma di farlo indipendentemente dalla sua volontà. Solo attraverso la suggestione e il contro-paradosso dei doppi legami terapeutici, è possibile, secondo Haley, guidare il paziente al di fuori di queste affermazioni che irrigidiscono la realtà dell’individuo.
Queste affermazioni sono portate in terapia sia attraverso canali verbali che non verbali ed è attraverso gli stessi canali che il terapeuta deve agire per distruggere il compromesso implicito che perpetua il sintomo, attraverso le relazioni di potere nei vari contesti gerarchici vissuti dall’individuo (Haley, 1973).
Seppur la manipolazione dell’altro può sembrare portata agli estremi nell’opera di Haley, è importante sottolineare che il potere nel terapeuta si spoglia dei connotati di sfruttamento e predominanza, per divenire uno strumento di sostegno e di presa in carico dei problemi del paziente. Infatti, se da un lato è vero che viene impartito un ordine, dall’altro viene richiesto che il paziente non risponda come un automa ma in modo naturale anche se ciò avviene con l’ingiunzione paradossale: “Sii spontaneo!”.
Aiutare le persone a comunicare, e quindi a relazionarsi in modo efficace, significa spezzare quel circolo vizioso nel quale comportamenti e comunicazione si rinforzano a vicenda, fino alla manifestazione oggettiva del sintomo. L’attenzione si volge dunque all’“hic et nunc” della relazione terapeutica, ma allo stesso tempo mira a modificare quei modelli d’approccio appresi nel passato e che sono visti l’unico modo di relazionarsi al contesto nel futuro (Haley, 1963). L’importanza della dimensione temporale nella vita quotidiana sarà ripresa da Gulotta (1997), quando afferma l’importanza del presente della persona che chiede aiuto poiché in esso è racchiuso il ricordo del passato e la dimensione del futuro costituita dalle speranze, dalle aspettative, dai desideri dell’individuo.
I concetti di Haley, infine, riguardo il ruolo del potere e della suggestione nell’ottenere cambiamenti terapeutici, saranno alla base della nascente psicoterapia strategica.