L’approccio strategico: la terapia vincente

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La scuola di Palo Alto nacque presso l’omonima città situata sul versante settentrionale della Silicon Valley verso la fine degli anni cinquanta, periodo in cui molti studiosi europei ritennero necessario emigrare in terra statunitense al fine di potersi riunire liberamente e studiare nuovi interventi terapeutici.

Ed è proprio in questa ottica che, grazie al contributo di Gregory Bateson, Paul Watzlawick, Donald deAvila Jackson, Jay Haley, John Weakland e Richard Fish venne formulato, circa dieci anni dopo, il modello di terapia breve.

Successivamente si è assistito all’evoluzione del modello in un nuovo approccio: quello breve strategico. Un tipo di approccio il cui slogan è “operare nel qui ed ora” cercando offrire al paziente un intervento immediato, concreto e risolutivo tramite un numero ridotto di sedute.

Cosa significa approccio breve strategico?

Seppur etimologicamente la parola “breve” potrebbe erroneamente rimandare all’idea di essere una terapia volta a non scavare nel profondo e ad essere tendenzialmente superficiale, il senso di tale aggettivo è volto a indicare che il cambiamento avviene in tempi brevi, quindi in una media di dieci sedute. Ovviamente non è assoluto come concetto, visto che ogni terapia è costruita ad hoc, ma si registra una sorta di giovamento già a partire delle primissime sedute.

Il termine “strategico” riconduce al concetto di “applicare una strategia al fine di raggiungere un determinato obiettivo”: già dalla prima seduta si lavora sugli obiettivi del paziente e questo permette al professionista di mettere in atto sin da subito strategie e tecniche comunicative o prescrittive per raggiungerli.

Una terapia efficiente ed efficace

La base di questo approccio si fonda sul problem solving strategico, una modalità che permettere al paziente di individuare il problema, conoscerlo, visualizzandolo e concretizzandolo e che porterà al terapeuta già moltissimo materiale per impostare la strategia più consona per giungere all’obiettivo. Ed è proprio secondo questa prospettiva che è essenziale ricordare l’importanza assoluta della prima seduta, dove il terapeuta dovrà cogliere più elementi possibili per rendere la terapia efficiente ed efficace.

La definizione del problema è indubbiamente molto utile per andare a riconoscere le cosiddette “tentate soluzioni” ovvero tutti quei comportamenti che il paziente ha messo in atto fino a quel momento per uscire da quella situazione problematica.

Per spiegare questo concetto potrebbe essere utile fare un esempio. Se un paziente avesse paura di salire su un ascensore è lecito pensare che ad un certo punto smetterà di utilizzarlo scegliendo il meccanismo dell’“evitamento” che produrrà un iniziale senso di sollievo ma alla lunga anche un senso di incapacità, perché il problema è risolto, ed una seguente percezione invalidante. La paura dell’ascensore ha quindi lasciato spazio ad una costruzione ideale intorno alla sua paura, la quale verrà involontariamente nutrita. Il risultato sarà la paura della paura.

Senza dubbio, la perpetua ripetizione di questi tentativi fallimentari non faranno che ingigantire il problema ed è quindi compito del terapeuta breve strategico andare ad analizzare queste soluzioni al fine di crearne altre alternative.

Come viene gestita la diagnosi con la terapia breve strategica?

In questo approccio, la diagnosi nosografica non è considerata funzionale. Etichettare il paziente rivelandogli a quale disturbo possono far capo i suoi sintomi non sarà mai utile in quanto potrebbe vedersi categorizzato e ricondotto all’idea del malato psicopatologico.

Una terapia vincente

In conclusione, la messa in atto di alcune strategie per portare consapevolmente il paziente verso il miglioramento è alla base di questo approccio e le ricerche in merito evidenziano l’efficacia nella cura e nella prevenzione di moltissimi disturbi quali: i disturbi fobici e ansiosi, i disturbi ossessivi e ossessivo-compulsivi, i disturbi del comportamento alimentare, le disturbi relativi alle disfunzioni sessuali, i disturbi dell’umore, i disturbi dell’infanzia e della adolescenza, presunte psicosi e disturbi di personalità.

Il fulcro della terapia è trovare la soluzione adatta per ogni problematica del paziente, e personalizzare ogni iter terapeutico in un numero ridotto di sedute.

Ed è proprio in un’epoca come la nostra in cui il tempo è scandito in modo frenetico ed incessante da impegni sempre maggiori, che questo approccio si rivela vincente!

Dr. Atosa Kianzad

Dr. Cristina Colantuono

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