Il lato oscuro dei social network

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“ Il concetto chiave non è più la presenza in rete, ma la connessione:

se si è presenti ma non connessi, si è soli ”

(Antonio Spadaro)

 

I social network hanno creato cambiamenti significativi e positivi in tutto il mondo: permettono a familiari molto lontani di sentirsi più vicini e permettono di raggiungere notizie in tutto il mondo.

Perché usiamo i social network?

Circa il 92% degli adolescenti fa uso dei social network, in un rage di età che va dai 13 ai i 17 anni (Lenhart et al., 2015). Spesso gli adolescenti trascorrono un tempo considerevole sui social network, venendo assorbiti totalmente per ore, pubblicando foto, commentando i post, e guardando i contenuti messi online dagli amici (Sampasa-Kanyinga & Lewis, 2015)

Non solo gli adolescenti, ma anche gli adulti usano i social ogni giorno per lavorare, per fare ricerca e/o per sentire i propri amici e familiari. Questi sono solo alcune delle conseguenze positive che ci danno le piattaforme come Google, Facebook, Instagram, Whatsapp o Twitter: ci mettono in contatto con il mondo.

Che conseguenze ha un uso prolungato o sbagliato dei social network?

I social possono avere anche un “lato oscuro”. Specialmente nell’età adolescenziale il loro uso può influire sulla formazione dell’identità personale e sull’autostima. Dal punto di vista psicologico esistono persone che sono dipendenti dai loro smartphone, da internet, dai computer e che arrivano perfino ad isolarsi dal mondo esterno, questa viene definita sindrome da Hikikomori. Al giorno d’oggi nessuno è mai solo con sé stesso, si è costantemente connessi, perennemente raggiungibili e, essendo abituati a vivere in questo mondo, anche staccarsi dal cellulare per poche ore può causare nervosismo e/o stress.

In uno studio scientifico è stato riscontrato che i social network avrebbero un effetto sul cervello: infatti, ricevere commenti positivi su facebook attiverebbe un’area del cervello, il nucleus accumbens, coinvolta anche nei fenomeni di ricompensa ed è la stessa area coinvolta nei meccanismi delle dipendenze da droghe. Nel Manuale Diagnostico dei disturbi mentali (DSM V) è ad oggi riconosciuta come dipendenza comportamentale solo il gioco d’azzardo patologico. Nell’ultima sezione del manuale sono evidenziati dei suggerimenti per l’aggiunta della dipendenza da internet (IAD) come patologia mentale. Goldberg nel 1995 coniò il termine IAD per riferirsi ironicamente ad una nuova patologia e ne descrisse i sintomi: ansia, craving, necessità di collegarsi per ore, movimenti involontari delle dita per digitare e li pubblicò sul suo sito; nei giorni seguenti cominciarono ad arrivare decine di messaggi da persone che si identificavano con il problema e così la dipendenza da internet divenne un problema attuale. La prima studiosa a definire i criteri della IAD fu la Young definendola in base alla presenza di 5 o più criteri riscontrati nei test:

  • preoccupazione,
  • tolleranza,
  • astinenza,
  • mancato controllo,
  • uso maggiore rispetto al previsto,
  • mentire sull’uso,
  • utilizzo di Internet per sfuggire a umore disforico.

Leggendo questa sintomatologia è facile effettuare mentalmente un collegamento tra la dipendenza da internet e la dipendenza da droghe, in quanto la sintomatologia descritta è pressoché la stessa.

Ma esiste veramente un lato oscuro? Qual è?

Sono numerosi i problemi che possono derivare dai social network, a cominciare dai possibili adescamenti online, nei quali basta creare un profilo falso e conquistare la fiducia del minore per poi incontrarlo ed esercitare violenze psicologiche e/o fisiche.  Altri problemi possono riscontrarsi nella percezione della propria immagina corporea, al giorno d’oggi postare foto di se stessi sui social è una delle attività che svolge la maggior parte degli adolescenti; per la fascia giovanile, che fa molto affidamento sull’opinione altrui, l’essere apprezzati e validati dai pari è molto importante e l’assenza di un feedback positivo potrebbe innescare una reazione emotivamente disfunzionale in quei soggetti che hanno una bassa autostima di loro stessi e che quantificano il loro valore sul numero di like ricevuti ad una foto. Questo mancato rinforzo potrebbe portare a sviluppare una serie di problemi di salute mentale, come disturbi della propria immagine corporea, problemi alimentari e disturbi dell’umore, una sindrome depressiva e/o problemi d’ansia (Kim, 2017).

I social network sono anche spesso utilizzati come mezzo “sicuro” per il cyberbullismo. Al giorno d’oggi, questo, risulta il più facile da mettere in atto perché persone molto timide possono diventare dei bulli online, dietro la tastiera si è protetti dall’anonimato. Il cyberbullismo può seguire ovunque, non lascia modo di respirare e spesso non ci si rende conto delle conseguenze sull’altro: depressione e a volte anche idee suicidarie.

In riferimento a questo, è consigliata la visione del film “Cyberbully”: “Quando hanno iniziato a parlare male di me, mi sono sentita come un mostro. Come se io fossi l’unica, come se fosse colpa mia quello che mi succedeva […]. In questo momento non vedo nessuna ragione per continuare a parlare o a respirare”.

I giovani sono nati in piena era tecnologica ed è questo il rischio in cui incorrono maggiormente: non riuscire a farne a meno.

L’aspettativa maggiore rimane che l’uomo, come ha creato la tecnologia, riesca anche a limitarne e controllarne l’uso.

Nel film The social dilemma, è un dubbio che parte dagli stessi lavoratori dei più famosi social network.

 

Dr. Micaela Gloria

Dr. Cristina Colantuono

 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

  • Cantelmi, T. (2013) Tecnloquidità, la psicologia ai tempi di internet: la mente tecnoliquida. San Paolo (Ed), Milano.
  • Cyberbully (2011), Prupas, J. (produttore), & Binamé, C. (direttore), [America], ABC family.
  • Kim, H. H. (2017). The impact of online social networking on adolescent psychological well-being (WB): A population-level analysis of Korean schoolaged children, International Journal of Adolescence and Youth, 22, 364-376.
  • Kuss, D. J., & Griffiths, M. D. (2017). Social networking sites and addiction: Ten lessons learned. International Journal of Environmental Research and Public Health, 14(3), 311.
  • Lenhart, A., Smith, A., Anderson, M., Duggan, M., & Perrin, A. (2015). Teens, technology and friendships, Pew Research Center, 1-76.
  • Meshi, D., Morawetz, C., & Heekeren, H. R. (2013). Nucleus accumbens response to gains in reputation for the self-relative to gains for others predicts social media use. Frontiers in human neuroscience, 7, 439.
  • Sampasa-Kanyinga, H., & Lewis, R. F. (2015). Frequent use of social networking sites is associated with poor psychological functioning among children and adolescents, Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, 18, 380-385.
  • Young, K. S. (1998). Internet Addiction: The emergence of a new clinical disorder. Cyberpsychol Behavior, 1, 237-44.
  • The social dilemma (2020), Rhodes, L. (produttore), Orlowski, J. (direttore), [America], Netflix.
  • https://www.stateofmind.it/2020/07/social-network-narcisismo/

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