Il Parkour: Lo sport più folle dei giovani. “Elettricità” allo stato puro

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Il Parkour è uno sport che nasce e si sviluppa in Francia nei primi anni Novanta. È molto praticato dai giovanissimi e richiede caratteristiche molto particolari, come l’inclinazione al rigore e alla disciplina. Prevede un programma di allenamento molto duro, che si basa per lo più sulla resistenza e sulla velocità.

Ogni movimento è funzionale rispetto allo spazio in cui il corpo si trova a volteggiare. Le continue acrobazie richiedono molta tecnica, abilità e spirito di abnegazione. Questa attività non è soltanto sinonimo di forza, impegno e sacrificio, è voglia di libertà, di occupare le aree preesistenti della città e di disegnare nuovi spazi e traiettorie con l’energia della creatività e dell’immaginazione.

L’atteggiamento mentale giusto è quello di chi cerca di oltrepassare gli schemi stereotipati delle convenzioni sociali, cercando di superare i propri limiti. Lo svolgimento di questo sport può essere utile a potenziare diverse abilità cognitive: attenzione, memoria, concentrazione, apprendimento motorio, prossemica, percezione del proprio corpo, capacità di interazione/comunicazione, ragionamento, capacità di Problem Solving e di Decision Making.

Parkour, tra adrenalina ed emozioni

Un recente studio ha rivelato l’importanza di uno specifico strumento diagnostico, il Parkour Test (SPSRA) per valutare l’efficacia delle risposte fisiologiche e di performance durante lo svolgimento di questo sport. I soggetti che lo praticano, come altri sport estremi, hanno, oltre ad una personalità incline al sacrificio e alla resistenza fisica, anche un livello di attivazione del sistema nervoso (arousal) più elevato rispetto a chi non lo pratica.

Il loro registro sensoriale è più incline a recepire sensazioni forti, le quali diventano quasi una necessità fisiologica (Zucherman, 2007), ipotesi avallata dai risultati della Sensation Seeking Scale che valuta il fascino che certe attività esercitano sugli individui predisposti al rischio, a cui si associano diversi aspetti della personalità:

  • la ricerca di brivido e di avventura;
  • la ricerca di nuove esperienze;
  • la disinibizione;
  • la suscettibilità alla noia.

Csikszentmihalyi (1975) ha scoperto come negli individui che esercitano attività particolarmente pericolose provano emozioni molte intense (deep flow). Il soggetto non si rende pienamente conto di quanto la situazione che sta vivendo sia pericolosa ma addirittura trae piacere profondo dal rischio di poter “perdere la vita”, che offusca l’attenzione e la concentrazione.

Parkour, tra tornei abusivi e voglia di esibizionismo

La controindicazione però è che troppo spesso ragazzi senza una adeguata preparazione si avvicinano a questo sport senza il supporto di coach specializzati, facendolo diventare pericolosissimo.

A questo si associa il bisogno di emulazione, di conferme e di riconoscimento sociale da parte del gruppo dei pari e quindi l’accettare di partecipare a veri e propri tornei illegali, organizzati da baby gang irrispettose delle norme minime di sicurezza. Tale meccanismo di manipolazione mentale spesso alimenta il bisogno narcisistico dei ragazzi di mettersi in mostra all’interno di un gruppo sociale. A ciò si aggiunge l’esibizionismo di voler mettersi in vetrina sui social media, amplificatori di “schiavitù” emotive come il bisogno di notorietà, di fama, di consensi.

Il Parkour al servizio della comunità

Il Parkour è uno sport che ha pro e contro. Di sicuro, favorisce la socializzazione, l’allenamento fisico, la conoscenza del proprio corpo ed un approccio conoscitivo più profondo nei confronti della propria città, consente di scoprire i quartieri e angoli nascosti.

Perché allora non approfittare per migliorare il senso civico e riqualificare i quartieri più degradati? In conclusione, il Parkour, oltre agli innegabili rischi, può essere una filosofia di vita positiva che guarda avanti ed infonde nei ragazzi la voglia di impegnarsi per raggiungere dei traguardi importanti.

Bibliografia

Padulo J. A., Paolo L., Bianco M., Cular, Drazen, Madic, Dejan, Markoski, Branko, Dhabbi, Wissem, (2019), Validity and Reliability of a new specific Parkour Test: physiological and performance responses. Frontiers in Physiology, vol.10.

Tizzani E., Giannini A.M.,(2012). La manipolazione mentale nei gruppi distruttivi. Rivista di Criminologia, “Vitimologia e Sicurezza”, 67-84.

Alfieri S., Spazio. (2017-2018). Percezione e identità: il mondo urbano raccontato dai traceurs, tesi magistrale in Antropologia culturale ed etnologia. A.a. 2017-2018, Università di Bologna.

 

Dott.ssa Cristina Colantuono

Dott.ssa Anna Maria Laurita

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