Il maltrattamento minorile come piaga sociale

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Ormai la cronaca riporta all’ordine del giorno fatti di violenza e maltrattamento su bambini. Un tema agghiacciante e in forte espansione. Una realtà che rappresenta un vero e proprio allarme, al punto che è richiesto un incremento di interventi multidisciplinari finalizzati a sviluppare una ingente prevenzione ed a ridurre gli effetti atroci sui minori.

Ma che cos’è un abuso? Quali conseguenze psicologiche implica e perché viene messo in atto?

Il “IV colloquio Criminologico di Strasburgo” del Consiglio d’Europa (1981) definisce l’abuso come “l’insieme di atti e carenze che turbano gravemente il bambino, attentando alla sua integrità corporea e al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale”.

La violenza nei confronti di un minore può essere espressa mediante diversi canali. In primis c’è la violenza fisica, la forma di maltrattamento più nota e più facilmente riconoscibile, per via degli evidenti segni fisici che lascia. Spesso è seguita da ricoveri prolungati e danni a volte irreversibili, a volte mortali.

Non di minore importanza sono quelle forme di violenza e maltrattamento espresso mediante la trascuratezza del bambino: la non soddisfazione dei bisogni primari come bere, mangiare, dormire; il mancato apporto di cure sanitarie; la mancanza di un supporto emotivo, educativo, e tutte quelle forme di accudimento necessarie per uno sviluppo sano e integro del soggetto.

C’è poi l’abuso sessuale, il reato forse più immorale e disumano a danno dei minori: oltre a lesioni o ripercussioni fisiche, questa forma di violenza può gravemente compromettere il funzionamento psichico del bambino.

Infine la violenza psicologica, la più devastante, la più subdola, la più difficile da riconoscere e talvolta da superare. Si esprime attraverso comportamenti volti a terrorizzare, sminuire, screditare ridicolizzare e disprezzare il bambino. Aggressioni verbali, o modelli di comportamento che producono in lui la convinzione di essere sbagliato, inadeguato e non sufficientemente amato e amabile.

Quali sono le conseguenze psicologiche?

Una delle più gravi conseguenze oltre al danno materiale, che può gravemente minacciare la vita del soggetto, c’è il danno psicologico che deve essere sempre riconosciuto e valutato in quanto a volte può segnare l’intera esistenza del minore. Eventi di questo tipo, specialmente nelle primissime fasi di vita, possono influenzare negativamente la strutturazione della personalità che nel tempo può provocare la comparsa di molteplici manifestazioni sintomatologiche.

Il bambino abusato o maltrattato può sviluppare gravi patologie: depressione, disturbi d’ansia, disturbi alimentari, disturbo post-traumatico da stress, disfunzioni sessuali, disturbi della personalità e abuso di sostanze stupefacenti.

Le ricerche più moderne hanno inoltre individuato una relazione significativa tra maltrattamento infantile, in particolare l’abuso sessuale, e i disturbi psicotici (Janssen et al, 2004): la vittima, rispetto ad un soggetto non abusato, ha maggiori possibilità di insorgenza di allucinazioni visive, uditive, disturbi del pensiero e deliri.

Le esperienze di maltrattamento compromettono inoltre la sfera affettiva-relazionale. La socialità e l’interazione sia con il gruppo dei pari, sia con gli aduli, è fortemente compromessa a causa delle varie condotte antisociali messe in atto. La vittima può infatti assumere atteggiamenti aggressivi, di sfida e forme di crudeltà o al contrario può assumere un atteggiamento passivo e timoroso, sviluppando una negativa immagine di sé, con la sensazione di non essere meritevole di rispetto e amore.

Vi è inoltre un’alterazione della percezione delle emozioni, degli stati emotivi propri e altrui. Specialmente le vittime di abusi sessuali tendono a sviluppare sentimenti come la colpa e la vergogna ed a percepirsi come diretti responsabili dell’accaduto a causa del loro essere inadeguati, cattivi e malvagi.

La mancanza di empatia da parte del sistema genitoriale inoltre farà sì che in questi bambini non si sviluppi la capacità di mettersi nei panni dell’altro, di comprenderne pensieri e sentimenti e di valutare le conseguenze delle proprie azioni.

Quali possibili cause?

Cosa spinge un genitore, un caregiver, un adulto ad assumere comportamenti violenti o abusanti su un minore?

Vi è un comune accordo sull’ipotesi che alla base del maltrattamento vi è un adulto incapace di soddisfare le esigenze fisiche, psichiche, sociali e affettive del minore. Un adulto portatore di disagio psichico e incapacità relazionale.

La letteratura in merito ha individuato alcune variabili che si ritiene possano determinare la messa in atto di un comportamento violento:

  • fattori individuali: l’età, la storia personale del soggetto, il suo funzionamento psichico e le modalità relazionali e comportamentali apprese nella famiglia di origine. Si tratta spesso infatti di genitori, cresciuti in un contesto disfunzionale che hanno a loro volta subito episodi di abuso;
  • fattori ambientali e relazionali: famiglie che vivono in condizione abitative inadeguate per spazi ed igiene, difficoltà economiche e lavorative oggi sempre più presenti, e situazioni famigliari irregolari: famiglie monoparentali, allargate; separazioni, problemi coniugali e genitori che nel tentativo di salvaguardare l’integrità della loro relazione tendono a deviare il conflitto sulla prole.

Quale prevenzione?

Un lavoro importante di prevenzione implica una molteplicità di approcci e metodi rivolti alla famiglia, al bambino ed alla società.

La prima cosa è intervenire attraverso tecniche che permettano di rafforzare il legame di attaccamento tra genitore e bambino e contemporaneamente aumentare nell’adulto la consapevolezza delle conseguenze, talvolta irreversibili e atroci della violenza. Lavorare dunque al fine di interrompere la creazione di un circolo vizioso che può portare l’abusato di oggi a diventare l’abusante di domani.

Si può inoltre implementare la riforma normativa, modificare le norme culturali e sociali, ridurre i fattori di rischio ambientali, incrementare i servizi alle famiglie, aumentare la formazione di personale sanitario e non…

Oppure anche semplicemente guardare i bambini con più attenzione, imparando ad ascoltarli nel profondo ed osservare anche la più piccola differenza nelle loro abitudini, modi di fare o bisogni che può mascherare un disagio dovuto a violenza.

 

Dott.ssa Cristina Colantuono

Dott.ssa Noemi Coccioletti

 

Per approfondire

Di Blasio P., Psicologia del bambino maltrattato. Bologna, il Mulino, 2000.

Di Blasio P., Tra rischio e protezione. La valutazione delle competenze parentali, Unicopli, Milano 2005.

Janssen I. Krabbendam L., Bak M., Hanssen M., Vollebergh W., De Graaf R., Andamp Van Os J. (2004), Childhood abuse as a risk factor for psychotic experiences. Acta Psychiatric. Scand. 109, 38-95.

Shaffer H.R., Regolazione emotive ed emozioni sociali (1996) in Di Blasio P.(2000) Psicologia del bambino maltrattato. Bologna, Il Mulino.

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