Recensione: Il padre, l’assente inaccettabile – Claudio Risé

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Oggi più che mai si sente spesso parlare dell’assenza di una struttura famigliare salda e coerente in grado di educare e crescere i propri figli in modo adeguato e favorire il loro buon inserimento nella società.

Tale recensione ha come obiettivo quello di promuovere una riflessione su un tema “caldo”, in particolare sulla funzione del padre, oggetto di numerose critiche proprio per il ruolo educativo di prim’ordine che ricopre. E se ne parla soprattutto nei fatti di cronaca in cui spesso sono coinvolti adolescenti soli, annoiati, che si rifugiano nelle droghe, nei videogame, nell’utilizzo ossessivo dello smartphone o che prendono parte a “giochi” mortali pur di sentire e sentirsi parte di qualcosa.

Ma il padre dov’è?

Probabilmente le riflessioni condotte da Risé potranno apparire piuttosto ideologiche ma rappresentano comunque un punto di partenza valido.

Una società senza padre

La società attuale è definita da molti studiosi e non solo, una società senza padre ma già nelle prime righe del libro l’autore alimenta con forza una speranza: che il padre ritorni.

Le nuove malattie dell’anima e del corpo nascondono profondamente la ricerca di vita, di un senso, di uno sguardo attento ai figli. La vita, l’amore, il desiderio vengono cercati ovunque, irrefrenabilmente e soprattutto al di fuori della famiglia.

La Grande Madre dell’Occidente

Risé definisce la società attuale come la società della Grande Madre:

“…L’intera società è diventata una Grande Madre. La sua prima funzione è quella di mantenere in vita l’individuo per stimolarne e soddisfarne le richieste di beni, e alimentare quindi il circuito della produzione-consumo. Quello della “soddisfazione dei bisogni” è tuttavia un orientamento regressivo, perché rimanda a un’esigenza psicofisiologica della prima infanzia: quella occidentale è dunque una società profondamente infantilizzata” (p.70).

La società contemporanea, dominata dal materialismo-consumismo e dall’individualismo allontana costantemente la sofferenza, la perdita, la morte, per cui ognuno vive la propria vita scansando la dimensione dell’Altro, la propria finitezza, immergendosi nella solitudine delle sue “cose”, alla ricerca costante della felicità.

La funzione paterna: tagliare il cordone ombelicale

Il padre, simbolicamente, rappresenta colui che taglia, incide una ferita tra madre e bambino, per permettere al fanciullo di sperimentarsi come essere distinto e separato, aiutandolo nella costruzione della sua identità.

Nella vita dell’uomo, il padre trasmette l’insegnamento della ferita perché la sua prima funzione psicologica e simbolica è quella di organizzare, dare uno scopo, alla materia nella quale il figlio è rimasto immerso durante la relazione primaria con la madre, e che di per sé tenderebbe semplicemente alla prosecuzione dell’esistente. Per questo il padre infligge la prima ferita, affettiva e psicologica, interrompendo la simbiosi con la madre” (p.12).

Il padre dunque prepara alla perdita e al distacco, esperienza inevitabile nella vita umana.

Il padre come regola

Il padre incarna inoltre la regola, la norma. Distanziandosi dal patriarcato e dall’autoritarismo del passato, l’autore evidenzia l’importanza della regola e del limite nell’educazione dei figli.

Ogni psicologo, e ogni educatore conosce bene la caratteristica ansia del bambino viziato, cui si cerca di evitare il più possibile l’esperienza del limite, del divieto, della regola. Il bimbo diventa sempre più irrequieto, fino a sfidare incessantemente il mondo degli adulti e dell’autorità. Apparentemente lo fa per sfrontatezza e prepotenza. A livello più profondo, in realtà, egli cerca disperatamente di ricevere un contenimento, un arresto, una norma. Ha bisogno di sentirsi dire: “Questo non lo devi fare”, e cerca in ogni modo di soddisfare la sua necessità di una Legge” (p.25).

Quali rischi provoca l’assenza paterna?

Risé offre una dettagliata descrizione delle attuali patologie della società senza padre.

Una recente inchiesta del CNR sugli adolescenti conferma che essi mancano oggi dell’autostima necessaria per affrontare la vita. La psicologa Patrizia Vermigli, sottolinea la relazione tra bassa autostima e sbiadimento della figura paterna, e afferma: ” In quest’ultimo studio abbiamo rilevato che è il padre la figura più importante per gli adolescenti. E’ lui il genitore che dà sostegno quando si tratta di socializzare o di buttarsi nelle situazioni nuove, che aiuta il ragazzo a staccarsi dal nido e ad essere più autonomo facendo affidamento solo sulle proprie forze…I figli senza padri, lesi nella propria autostima capeggiano le statistiche dei suicidi: 75%” (pp.98-99).

E non si può che essere d’accordo con lui.

Dr. Cristina Colantuono

Dr. Alessandro Cini

Discussion2 commenti

  1. Yho letto attentamente l’articolo relativo alla figura paterna. .interessante,scritto con semplicità ma veritiero e profondo…attendo che facciate sessioni su Milano

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