L’uso della realtà virtuale con pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare

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Nella nostra cultura, il corpo e l’aspetto fisico rappresentano uno degli strumenti attraverso cui valutarsi; l’ideale della magrezza che la società promuove, però, genera molto spesso un senso di insoddisfazione tanto da indurre le persone ad assumere comportamenti dietetici malsani.

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono patologie caratterizzate da un’alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile.

Il DSM-V include le seguenti categorie diagnostiche (le prime tre riguardano soprattutto i disturbi della nutrizione dell’infanzia):

1) Pica

2) Disturbo di ruminazione

3) Disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo

4) Anoressia nervosa

5) Bulimia nervosa

6) Disturbo da alimentazione incontrollata

7) Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con specificazione

8) Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione

Soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali; per chi ne soffre tutto ruota attorno al cibo e alla paura di ingrassare fino a maturare un perenne stato di ansia (Cuzzolaro,1998). Inoltre, non sempre le persone che giungono nei centri specialistici hanno già maturato una vera e propria consapevolezza del problema e decisione di voler intraprendere un percorso di guarigione.

La terapia dei DCA, dunque, deve essere concepita in termini interdisciplinari ed integrati; sono necessarie equipe e strutture di cura in cui collaborino sistematicamente figure professionali diverse senza mai escludersi a vicenda quali: dietisti, psicologi clinici, psichiatri, nutrizionisti. (Di Stani, Buzzi, Tamburini, Proto, & Santini, 2013).

Grogan (2008) ha definito l’immagine corporea come quell’insieme di percezioni, pensieri ed emozioni che una persona esperisce riguardo al suo corpo. Non sempre si hanno delle percezioni positive di sé ma anche negative che portano l’individuo ad avere un’insoddisfazione corporea. Tale insoddisfazione rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio e di mantenimento dei disturbi legati all’immagine corporea e all’alimentazione (Thompson et al, 1999).

Capire come e perché si sviluppa un disturbo complesso come l’anoressia nervosa o la bulimia nervosa, infatti, è molto difficile (Senatore 2013). Tuttavia la ricerca scientifica, negli ultimi anni, ha ipotizzato le cause e quali fattori aumentano il rischio per la persona di ammalarsi e, attualmente, gli studiosi sono concordi nel ritenere che il modello multifattoriale sia il più adatto a spiegare l’insorgenza dei disturbi dell’alimentazione.

Questo modello spiega l’insorgenza e il permanere del disturbo attraverso 3 tipi di fattori di rischio che agiscono in modo consecutivo:

  1. i primi fattori di rischio sono i fattori predisponenti, ossia tutti quei fattori che possono essere genetici, psicologici o ambientali, che aumentano la vulnerabilità di una persona a sviluppare il disturbo dell’alimentazione;
  2. i secondi fattori sono quelli definiti precipitanti, che consistono in eventi o situazioni che scatenano l’insorgenza del disturbo (questi possono essere costituiti da lutti, aggressioni, separazioni da persone care, ma anche da eventi apparentemente non gravi come un fallimento scolastico, un cambio di scuola o essere presi in giro per il proprio aspetto);
  3. infine, ci sono i cosiddetti fattori di mantenimento, ossia tutti quei fattori che impediscono il ritorno alla normalità. Questi sono i fattori sia psicologici che fisici che ambientali, che costituiscono quel ‘circolo vizioso’ di mantenimento della malattia che deve essere affrontato con le terapie specifiche per il disturbo. (Monteleone, Maj, Di Filippo, Martiadis, 2006).

La realtà virtuale ed i DCA

L’influenza del web dove coltivare il mito di un fisico magro gioca un ruolo fondamentale negli adolescenti; infatti l’uso dei social network, molto diffuso tra i giovani, va a stimolare comportamenti di imitazioni che inducono immagini poco realistiche. Non è infatti complicato scoprire su internet le tecniche di vomito più efficaci, le strategie più innovative per il consumo di calorie in eccesso, i digiuni più dimagranti, le punizioni corporali da autoinfliggersi come segno di redenzione e pentimento per i peccati di gola.

Da qualche anno, però, gli studiosi del campo psicologico hanno tentato di sfruttare l’ascendente che il mondo virtuale ha per ricavarne tecniche innovative di trattamento per i disturbi del comportamento alimentare. La realtà virtuale (RV), infatti, è stata introdotta come strumento per il trattamento dei disturbi psicologici permettendo di costruire un ambiente complesso e molto specifico che offre la possibilità di inserirsi “fisicamente in un modo virtuale” in grado di poter generare sensazioni, emozioni e valutazioni uguali a quelle generate dagli ambienti reali (Riva, 1999).

Nel contesto dei Disturbi della nutrizione è un corpo virtuale che impara ad affrontare le sfide della vita quotidiana prima ancora del corpo reale. Pertanto, ad oggi, la Virtual Reality (VR) si avvale di un avatar come ausilio nel trattamento innovativo dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) (Sara, 2021).

I disturbi della nutrizione come l’anoressia e la bulimia, sono completamente differenti tra loro per le varie caratteristiche ma hanno un aspetto in comune: chi soffre di tali disturbi ha inevitabilmente una distorsione della propria immagine. È stato quindi importante dimostrare come l’utilizzo della realtà virtuale contribuisce a modificare le errate percezioni di sé di fronte a un reale disturbo.

La Realtà Virtuale, infatti, viene utilizzata per situazioni specifiche, a seconda dei bisogni della persona, l’utente indossa un caschetto dove si immerge in una simulata e viene proiettato in contesti caratterizzati da elementi che nella realtà gli creano ansia, difficoltà e vergogna. Si può creare, poi, una stanza di comfort dove il paziente può immergersi virtualmente e imparare a mettere in atto nuove strategie adattive utili per affrontare la situazione reale.

Il primo centro in Italia a proporre questa tecnica con buoni risultati è Villa Santa Chiara, Quinto di Valpantena (Verona), dove il protocollo integrato di cura in regime di ricovero è sintetizzato in tre fasi:

  • nella prima fase il paziente disegna al computer l’immagine di come vede se stessa e allo stesso tempo il terapeuta disegna una figura realistica del paziente. Quindi i due disegni vengono messi a confronto;
  • nella seconda fase alla paziente viene fatto indossare il casco della realtà virtuale per permetterle di affrontare, attraverso l’avatar, le situazioni che solitamente risultano più problematiche nei pazienti affetti da questo disturbo, come ad esempio fare la spesa, mangiare al ristorante, mostrarsi senza vestiti in piscina;
  • nella terza fase il paziente viene aiutato a gestire meglio le proprie emozioni “mandando avanti l’avatar al proprio posto”, così da potersi confrontare con le proprie difficoltà in una modalità protetta.

Ad oggi si ritiene che questo strumento sia in grado di mediare tra il lavoro cognitivo condotto con il terapeuta durante le sedute e il mondo reale, permettendo di superare alcuni ostacoli e resistenze, che si possono incontrare nella terapia (Vincelli & Riva 2007). Tra i vantaggi, infatti ritroviamo quello di poter condurre delle simulazioni in un ambiente protetto per il paziente e di poter costruire contesti ad hoc per il percorso di trattamento per quello specifico paziente.

I riscontri ottenuti dai professionisti delle neuroscienze di differente formazione (medici psichiatri e psicologi sistemici e dinamici) riconoscono come il protocollo VR possa essere, oltre che un valido metodo coadiuvante delle tecniche della terapia classica anche uno strumento integrativo di indagine dei metodi tradizionali (es. colloquio clinico), in quanto, permette di acquisire una serie di informazioni difficilmente raggiungibili per altre vie. Proprio per tal motivo, da un punto di vista diagnostico, tale mezzo, in futuro, potrebbe subire un’operazione di standardizzazione qualitativa, se non addirittura psicometrica. Per implementare nella pratica ambulatoriale tale metodologia, si richiede allo psicoterapeuta una competenza ulteriore rispetto alle abilità cliniche e relazionali già di sua pertinenza, nonché familiarità con gli strumenti tecnologici e le offerte multimediali in continuo sviluppo e una certa flessibilità mentale nell’integrare le modalità di esposizione virtuale con quelle classiche e predefinite.

Seppur la VR sia stata utilizzata, nella maggior parte dei casi, in contesti del tutto sperimentali, molto deve essere ancora fatto in tal senso. (Mellacca 2016).

Dott.ssa Valentina Mariani

Dott.ssa Micol Lucantoni

BIBLIOGRAFIA

  • American Psychiatric Association, DSM V, Raffaello Cortina Editore, 2014
  • Cuzzolaro, M. (1998). La nosografia dei disturbi del comportamento alimentare. DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE: DAGLI STILI DI VITA ALLA PATOLOGIA, 31.
  • Di Stani, M., Buzzi, M. G., Tamburini, C., Proto, A., & Santini, D. (2013). Come organizzare un Team Multi-disciplinare: la funzione del gruppo curante nel trattamento istituzionale dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Come organizzare un Team Multi-disciplinare: la funzione del gruppo curante nel trattamento istituzionale dei Disturbi del Comportamento Alimentare, 261-266.
  • Monteleone, P., Maj, M., Di Filippo, C., & Martiadis, V. (2006). Ipotesi neurobiologiche nell’etipatogenesi dei DCA. Ipotesi neurobiologiche nell’etipatogenesi dei DCA, 1000-1027.
  • Nerini, A., Stefanile, C., & Mercurio, C. (2009). L’immagine corporea. I disturbi dell’immagine corporea, 1-13.
  • Riva, G., Bacchetta, M., Baruffi, M., Rinaldi, S., & Molinari, E. (1999). Virtual reality based experiential cognitive treatment of anorexia nervosa, Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 30(3), 221-230.
  • Riva, E. (2014). Il mito della perfezione: fragilità e bellezza nei disturbi del comportamento alimentare. Il mito della perfezione, 1-231.
  • Senatore, I. (2013). I disturbi del comportamento alimentare. Clinica, 19-95.
  • Sara, R. (2021). Terapia psicologica con la Realtà Virtuale.
  • Ursula Catenazzi, S. D. M., & Di Carlo, G. Cyberpsicologia e Realtà virtuale: joystick e caschetto per il trattamento dell’Anoressia Presso l’istituto Villa Santa Chiara (Verona) un protocollo terapeutico che usa la realtà virtuale per il trattamento dell’anoressia nervosa.
  • Vincelli, F., & Riva, G. (2007), La Realtà Virtuale come supporto alla psicoterapia cognitivo-comportamentale, in Vincelli, F., Riva, G., & Molinari, E. (Eds.). La realtà virtuale in psicologia clinica. Nuovi percorsi di intervento nel disturbo di panico con agorafobia, pp. 67-92. Milano: McGraw-Hill.

SITOGRAFIA

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