Disturbo disforico premestruale. Di cosa si tratta?

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Con l’inizio della pubertà, di solito fra i dodici e i quindici anni, le ragazze vivono l’esperienza del primo ciclo mestruale lamentando sbalzi d’umore e irritabilità che possono rientrare in quella che chiamiamo sindrome premestruale.

Quando parliamo di Disturbo disforico premestruale, invece, ci riferiamo ad un quadro clinico in cui i sintomi, che si verificano regolarmente e solo nel corso della seconda metà del ciclo mestruale,  finiscono con le mestruazioni o subito dopo. L’umore è marcatamente depresso, l’ansia, l’irritabilità e la labilità emotiva sono pronunciate e possono essere presenti pensieri suicidi. Esistono, inoltre, alcuni fattori di rischio riconosciuti che possono rendere più probabile lo sviluppo di disturbo disforico premestruale. In particolare, si tratta di:

  • Stress di qualunque natura (lavorativo, psicofisico, in ambito familiare ecc.).
  • Storia di traumi relazionali/interpersonali
  • Cambiamenti stagionali
  • Fattori socioculturali relativi alla vita sessuale e ai rapporti uomo-donna
  • Ereditarietà (50% circa dei casi)
  • Interruzione dell’assunzione di un anticoncezionale ormonale (caratterizzati da un’azione protettiva) (DSM-5, Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali).

La differenza sostanziale tra le due condizioni, dunque, consiste nel fatto che nella sindrome premestruale possono non presentarsi i disturbi affettivi e dell’umore, ma solo quelli fisici, e che i sintomi possono essere meno di cinque, tra quelli sopra elencati sopra.

La Sindrome nel DSM

Il significato di disforia, contrario di euforia, viene utilizzato in psichiatria per indicare un’alterazione dell’umore in senso depressivo, accompagnato da irritabilità e nervosismo, e possiamo supporre che le alterazioni mestruali, intese come manifestazioni di conflitti e problemi emotivi della donna, esistevano sin dall’antichità già nel secolo IV a.C. così come riportato da Ippocrate (460-370 a.C.).

Oggi, il Disturbo Disforico Premestruale è una condizione invalidante che colpisce circa il 2-8% delle donne durante l’età fertile e, recentemente, è stato inserito nella categoria dei disturbi dell’umore all’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali DSM-5 (Banti et al.).

Nella Sindrome Disforica Premestruale si distinguono due fasi:

  • Fase Follicolare o Proliferativa: dall’inizio della mestruazione sino all’inizio dell’ovulazione, cioè dal 1º al 13º giorno del ciclo circa. Corrisponde alla fase di pre-ovulazione, quando la proliferazione ormonale fa sì che il tessuto uterino cresca. Le ovaie secernono estrogeni, l’ovulo matura e l’endometrio si inspessisce;
  • Fase Luteinica o Secretoria: corrisponde alla fase post-ovulatoria, dall’ovulazione sino al sanguinamento mestruale, circa dal 13º al 28º giorno del ciclo. Se l’ovulo non è stato fecondato si disintegra e viene eliminato con le perdite mestruali (Endicott, Amsterdam, Eriksson, et al.).

Già Ippocrate descriveva una serie di sintomi che insorgevano prima delle mestruazioni in quelle donne che potevano manifestare ideazione suicidaria e altri gravi sintomi (Simon B., Mind and madness in ancient Greece, 1978). Nella revisione del DSM-III (1987), poi, il quadro è stato definito come “disturbo disforico della tarda fase luteale” e collocato in Appendice A, tra le categorie diagnostiche proposte che necessitavano di ulteriori studi. Nel DSM-IV (1994) il nome è stato modificato in “disturbo disforico premestruale” e collocato in Appendice B, tra i disturbi depressivi non altrimenti specificati (Schartzberg, Nemeroff, American, 2004).  Nell’ottobre 1998 alcuni esperti valutano i dati e le evidenze disponibili, arrivando a concludere che il DDPM è un entità clinica distinta con profili clinici e biologici differenti da quelli osservati in altri disturbi dell’umore (Endicott, Amsterdam, Eriksson, et al.,1999). Nel DSM-IV-TR (2000) il DDPM è ancora collocato in Appendice B, tra le categorie diagnostiche che richiedono ulteriori studi, ma arriva una sua più precisa definizione nel DSM-5 all’interno della nuova categoria a se stante dei Disturbi Depressivi. E’ proprio con questa novità nel panorama nosografico e diagnostico degli ultimi anni, con il nuovo testo, e dopo venti anni di studi e di ricerche, che viene inquadrato il DDPM come una forma di disturbo depressivo specifica e responsiva al trattamento che comincia talvolta dopo l’ovulazione e si risolve entro pochi giorni dal ciclo mestruale con un marcato impatto sul funzionamento. I criteri diagnostici pertanto sono:

A – Per la maggior parte dei cicli mestruali, la settimana precedente al ciclo, devono essere presenti almeno 5 dei sintomi con una remissione entro pochi giorni dall’inizio di questo fino a scomparire nella settimana successiva.

B – Uno tra: labilità dell’umore (sbalzi di umore, sentirsi tristi d’improvviso, avere una maggiore tendenza al pianto), irritabilità e aumento dei conflitti interpersonali e della rabbia, umore depresso o pensieri autocritici, ansia e sensazione di avere i nervi a fior di pelle.

C – Uno o più tra i seguenti sintomi (in aggiunta fino ad arrivare ad almeno cinque): diminuito interesse per le attività abituali, difficoltà soggettiva di concentrazione, faticabilità o mancanza di energia, alterazione dell’appetito, alterazione del sonno, senso di essere fuori controllo, sintomi fisici come tensione al senso, dolori articolari o muscolare, sensazioni di gonfiore o aumento di peso.

D – I sintomi causano disagio clinicamente significativo o interferenza con le attività quotidiane

E – l’alterazione non è l’incremento di sintomi di un altro disturbo psicologico

F – il criterio A deve essere confermato per almeno due cicli

G – i sintomi non sono attribuibili all’effetto di sostanze o ad altra condizione medica

Questi sintomi devono verificarsi nella maggior parte dei cicli durante l’ultimo anno e tipicamente raggiungono l’apice intorno ai giorni prima del ciclo, per andare verso la remissione totale con l’inizio delle mestruazioni. Infatti ci deve essere un periodo libero da sintomi nella fase follicolare (che è quella che comincia con il ciclo sino all’ovulazione) (DSM-5, Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali).

Insorgenza e stile di vita.

Il Disturbo Disforico Premestruale (DDPM) solitamente si manifesta durante la tarda adolescenza o la giovane età adulta, ma il disturbo viene diagnosticato dopo molti anni dall’insorgenza dei sintomi in quanto questi ultimi non vengono riconosciuti subito nonostante il forte impatto negativo sulla qualità della vita, del lavoro e nel sociale della donna (Greene, Dalton, Schartzberg, Nemeroff). L’età media di esordio è intorno ai 20 anni; il primo contatto specialistico avviene di solito intorno ai 30 anni e viene riferito un peggioramento graduale della sintomatologia con l’età fino all’inizio della menopausa (Patarca-Montero, Manu). Una storia familiare positiva per DDPM, inoltre, aumenta il rischio di ammalarsi dello stesso disturbo: studi condotti su gemelli suggeriscono che esista un’ereditarietà variabile tra il 44 e il 56% (Treloar, Heath, Martin, 2002).

È stato supposto che il DDPM sia una sindrome le cui manifestazioni si modificano in relazione ad aspetti culturali: le donne non statunitensi lamentano soprattutto sintomi somatici, mentre quelle occidentali prevalentemente sintomi affettivi. Sembra, infatti, che i media stessi tendano a perpetuare l’idea che il periodo premestruale sia associato a un’affettività negativa e a un’instabilità dell’umore col risultato che molte donne finiscono con l’interpretare negativamente i normali cambiamenti fisiologici legati al ciclo mestruale (Merikangas, Foeldenyi, Angst; Chrisler, Johnston-Robledo, Raging).  Le donne occidentali, dunque, sarebbero state “educate” ad avere aspettative negative relativamente alle mestruazioni tuttavia è chiaro che i fattori socio-culturali non possono giustificare completamente il quadro clinico della SPM né tantomeno del DDPM.

È sicuramente vero, invece, che eventi di vita stressanti sembrerebbero coinvolti nella patogenesi del DDPM, in modo particolare lo stress correlato alla quotidianità (Beck, Gevirtz, Mortola) Sebbene i sintomi del DDPM siano di breve durata rispetto a quelli di altri disturbi depressivi, il loro impatto sulla qualità della vita nella fase luteale è equivalente a quello riscontrato nel disturbo depressivo maggiore, nel disturbo post-traumatico da stress e nel disturbo di panico; il carico del DDPM risente della gravità dei sintomi nella fase luteale, della sua cronicità e della conseguente compromissione socio-lavorativa: le donne con sintomi premestruali, infatti, hanno percentuali significativamente maggiori di assenteismo dal lavoro e peggiore produttività (Freeman, Sondheimer, 2003). Ai costi derivanti dalle assenze dal lavoro, inoltre, vanno sommati i costi derivanti dalle visite ambulatoriali, dai test di laboratorio e dagli esami radiologici effettuati (Sepede, Sarchione, Matarazzo, Di Giannantonio, 2016).

Conclusioni

L’APA ha definito, e l’ACOG ha riconosciuto, il Disturbo Disforico Premestruale (DDPM) come una forma più grave e pervasiva di disturbo dell’umore che interessa una percentuale minore, anche se significativa, di donne. Il recente spostamento del DDPM dall’appendice del DSM-IV in una specifica area dei disturbi depressivi nel DSM-V, ha contribuito a dare una maggiore legittimità a tale disturbo sostenendo la crescente ricerca in questo ambito e lo sviluppo di possibili trattamenti. L’obiettivo di questo studio è stato la definizione della prevalenza del Disturbo Disforico Premestruale sia in una popolazione di soggetti sani (assenza di un disturbo psichiatrico) sia in donne affette da un Disturbo Psichiatrico, mediante una valutazione prospettica dei sintomi premestruali nella donna. E’ stata condotta una ricerca all’interno del PubMed per identificare gli studi originali incentratisi sul trattamento del DDPM nelle donne adulte non affette da alcuna comorbidità con condizione psichiatrica. Sono state utilizzate differenti scale psicometriche per valutare l’efficacia dei trattamenti attivi dei sintomi di DDPM, dei sintomi depressivi e del funzionamento globale. Si è testata l’efficacia delle estroprogestine per via orale e delle progestine nel trattamento del DDPM. Altri trattamenti farmacologici e non (Trattamento con luce brillante -light therapy – psicoterapia, massoterapia , agopuntura e RTMS), chimici e fitoterapici. Il Disturbo Disforico Premestruale (DDPM) può essere equiparabile ad altre condizioni psichiatriche, soprattutto al Disturbo Depressivo Maggiore, Disturbi d’ansia o bipolari. Inoltre in molte donne può sviluppare il rischio di incorrere in un disturbo psichiatrico come la depressione post-partum. È molto importante, dunque, non confondere dei disaccordi coniugali o dei problemi di lavoro di lunga durata con le disfunzioni che si riscontrano solo in fase premestruale. Come, non confonderlo con la “sindrome premestruale”(Borenstein JE, Dean BB, Endicott J, et al. , 2003).

Dott.ssa Imma Ruocchio

Dott.ssa Micol Lucantoni

 

Bibliografia

  • Banti, C. Borri, M.S. Montagnani, C. CargioliS. Belli,B. Cotugno, J. Endicott, A. Oppo, M. Mauri, Clinica Psichiatrica, DPNFB, Università di Pisa, Italy Dipartimento di Psichiatria, Istituto dei Medici e Chirurghi dell’Università di Columbia, New York, USA.
  • Endicott J, Amsterdam J, Eriksson E, et al. Is premenstrual dysphoric disorder a distinct clinical entity? J Womens Health Gend Based Med 1999;8:663-79.
  • Patarca-Montero R, Manu P. The psychopathology of func- tional somatic syndromes: neurobiology and illness behav- ior in chronic fatigue syndrome, fibromyalgia, Gulf War illness, irritable bowel, and premenstrual dysphoria. New York-London-Oxford: Haworth Medical Press 2004.
  • Stout AL, Steege JF. Psychological assessment of women seeking treatment for premenstrual syndrome. J Psychosom Res 1985;29:621-9.
  • Sepede G, Sarchione F, Matarazzo I, Di Giannantonio M, Salerno RM.
  • Freeman EW, Sondheimer SJ. Premenstrual dysphoric disor- der: recognition and treatment. Prim care companion. J Clin Psychiatry 2003;5:30-9.
  • Steiner M, Streiner DL. Validation of a revised visual analog scale for premenstrual mood symptoms: results from prospec- tive and retrospective trials. Can J Psychiatry 2005;50:327-32.

Discussion2 commenti

  1. Articolo molto completo, fatto benissimo, grazie mille. Credo di soffrire di questo disturbo, finalmente la mia sofferenza ha un nome. Vorrei però ricevere una diagnosi fatta da un professionista, a chi rivolgermi per capire se ne soffro davvero? Da un ginecologo o da uno psicologo?

    • isp

      Cara Anna, ti consigliamo comunque per prima cosa di escludere qualsiasi forma di origine organica e rivolgerti quindi ad un medico. Poi il supporto di uno psicologo può sicuramente darti un grande aiuto!

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