A chi non è mai successo di imbattersi, nella propria vita, in un problema? E quando ciò accade, cosa si fa? Ovviamente si cerca una soluzione!
Se la soluzione funziona allora la problematica si risolverà in breve tempo. Quando, invece, la strategia ha un esito negativo, non si è spinti a pensare che sia una soluzione sbagliata… ma in automatico si tende ad aumentare gli sforzi nell’attuare sempre quella strategia, credendola comunque l’unica possibile.
Queste sono definite “tentate soluzioni” che diventano la causa principale del peggioramento della situazione: nonostante siano fallimentari, vengono ripetute nel tempo aggravando il problema stesso e dando anche origine ad un vero e proprio circolo vizioso.
Ciò che viene messo in atto pensando di generare un cambiamento, alimenta ciò che si vorrebbe cambiare.
Ma come mai, nonostante i numerosi fallimenti, le persone continuano a mettere in atto sempre le stesse strategie?
Ciò può accadere perché in situazioni passate quelle soluzioni hanno avuto esito positivo, oppure perché il cambiamento sembra un qualcosa di impossibile e spaventoso.
Un esempio concreto potrebbe essere quello di una fobia. Ciò che genera la fobia non è l’evento iniziale ma le tentate soluzioni che la persona mette in atto per fuggire dallo stimolo fobico cioè principalmente l’evitamento e la richiesta d’aiuto:
- con l’evitamento si conferma la minacciosità della situazione temuta e si diventa meno sicuri della proprie risorse, aumentando così le reazioni fobiche. Il fallimento delle tentate soluzioni poi alimenta il circolo vizioso, porta all’isolamento ed al generarsi di un vero e proprio disturbo fobico generalizzato;
- spesso alla strategia di fuga viene sommata quella di “richiesta d’aiuto”. Al fine di gestire ancora di più la fobia, si sente spesso anche il bisogno di essere accompagnati da qualcuno, a propria tutela, qualora si presentasse una crisi di panico. Questa strategia rende però sempre più limitante la vita della persona poiché conferma a sé stesso ed agli altri l’incapacità a farcela da solo.
Nardone (2012) riporta un’antica storiella greca per spiegare ciò, che credo sia molto esplicativa:
«Un mulo tutte le mattine, portava un cesto pieno di legna dalla fattoria da valle alla baita in montagna, passando sempre per lo stesso viottolo attraverso il bosco, andando su la mattina e tornando giù la sera. Una notte, durante un temporale, un fulmine abbatte un albero che va a ostruire il passaggio. La mattina seguente il mulo, camminando per il suo usuale tragitto, incontra l’albero che ne impedisce il cammino. Egli pensa “l’albero qui non ci deve essere, è al posto sbagliato.” E procede fino a sbattere la testa sull’albero, immaginando che questi si sarebbe spostato, considerando che quello non era il suo posto. Allora il mulo pensa “Forse non ho dato una botta abbastanza forte” ma l’albero non si sposta. Il mulo insiste ripetutamente fino a morire».
Una metafora che mostra l’analogia tra l’atteggiamento limitato ed ottuso del mulo che attua sempre la stessa soluzione al problema, per quanto poco funzionale e dannosa, e le conseguenze delle tentate soluzioni in pazienti affetti da nevrosi.
Come combattere la tendenza alle tentate soluzioni ?
Nardone (2012) è l’autore che più di tutti offre protocolli, interventi pratici per individuare e sviluppare soluzioni efficaci ed efficienti ai problemi complessi.
Le sue proposte hanno l’obiettivo di interrompere il circolo vizioso che si sviluppa con le tentate soluzioni ed il mantenimento del problema ed hanno come scopo principale quello di modificare la rigidità di pensiero della persona, aiutandola a sviluppare una prospettiva più flessibile e funzionale.
La modalità più efficace è suddivisa in sette passi:
- definire il problema in termini concreti: “in cosa consiste il problema? Chi è coinvolto? Quando e dove si verifica?”;
- concordare l’obiettivo ed i cambiamenti necessari per poter affermare che il problema è stato realmente risolto;
- individuare tutte le tentate soluzioni messe in atto fino a quel momento. Porre l’attenzione sui vari tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema, interrompe il modus operandi fallimentare di ricerca di soluzioni senza aver però prima indagato ciò che non ha funzionato fino a quel momento;
- chiedere al paziente “come peggiorare la situazione?” cioè “cosa potresti fare se volessi peggiorare ulteriormente la situazione?”. Questo passaggio rende evidente ciò che NON va fatto se si vuole migliorare una situazione problematica e permette di sviluppare la consapevolezza circa il ruolo fondamentale che le tentate soluzioni, messe in atto fino a quel momento, ha ricoperto nel mantenere il problema;
- far immaginare al paziente lo scenario oltre il problema, quali sarebbero le caratteristiche specifiche della situazione successiva al cambiamento. Questo aiuta ad individuare anche gli eventuali aspetti indesiderati, in modo da gestirli in anticipo;
- utilizzare la “tecnica dello scalatore”. Spesso, quando si guarda ad una situazione problematica la cosa più complicata è capire da dove iniziare, quindi compiere il primo passo. Attraverso questa tecnica si parte dall’obiettivo principale, dividendolo in micro-obiettivi, e si torna indietro fino al punto di partenza, quindi al problema. Questo consente di evitare di progettare dei percorsi non funzionali e di individuare il percorso più breve verso la risoluzione;
- aggiustare progressivamente il tiro. Quando ci si trova di fronte a problematiche complesse, piuttosto che cercare di risolvere tutto subito, è utile iniziare dalla problematica più accessibile in quel momento, mantenendo sempre chiara a mente la globalità della situazione, lavorando però un passo alla volta in maniera dinamica, affrontando così anche gli eventuali cambiamenti che possono presentarsi nel corso del raggiungimento della soluzione stabilita.
“Occorre un nuovo modo di pensare per superare i problemi causati dal vecchio modo di pensare” diceva Albert Einstein, ed è proprio questo l’obiettivo dell’intervento strategico.
Dr. Cristina Colantuono, Dr. Eleonora Bellegia
BIBLIOGRAFIA
NARDONE G. (2012). Psicosoluzioni. Come risolvere rapidamente i più complicati problemi della vita. Milano: BUR Psicologia.
WATZLAWICK P., J. H. WEAKLAND, R. FISCH (1974). Change: la formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio.