La Cannabis è una pianta di grande variabilità morfologica e fisiologica che si divide in due sottospecie sativa e indica: la cannabis sativa viene usata per fibra e olio, mentre la indica è ricca di resina e di THC (Tetraidroccanabinolo). I costituenti della cannabis si distinguono fondamentalmente in due gruppi: i cannabinoidi (circa 40) responsabili della maggior parte delle attività conosciute della pianta e i terpeni (oltre 140) responsabili dell’aroma e del sapore.
L’utilizzo della cannabis
I cannabinoidi sono una classe di sostanze varie e complesse che vengono studiate molto attentamente per il loro utilizzo in ambito medico: l’impiego in ambito farmacologico è tuttora ampiamente dibattuto a causa delle problematiche legate all’uso di queste sostanze.
I semi della canapa contengono tutti gli 8 aminoacidi essenziali per la sintesi delle proteine: leucina, isoleucina, fenilalanina, lisina, metionina, treonina, triptofano e valina. Contengono circa il 75% di acidi grassi polinsaturi come omega-3 e omega-6 che rafforzano il sistema immunitario. Inoltre, contengono vitamina E che svolge una importante azione antiossidante e sali minerali come potassio, magnesio e calcio.
Per via del loro particolare contenuto nutrizionale, unico nel mondo vegetale, i semi sono indicati per varie patologie: colesterolo alto, asma, sinusite, artrosi, tracheite, malattie legate all’apparato cardiocircolatorio e sono considerati un alimento adatto a proteggere ghiandole, muscoli e sistema nervoso.
Per tali principi, la canapa può essere utilizzata nei settori più disparati: nel settore tessile viene utilizzata in quanto la fibra di canapa è molto più resistente del cotone e dura nel tempo. Dalla pianta si estrae l’olio ricco di grassi insaturi per uso alimentare ma anche in ambito industriale. Con la canapa si realizzano inoltre saponi, cosmetici, detersivi completamente biodegradabili ma anche la carta o tavole per l’edilizia. Attraverso la canapa, in bio-architettura, si ottiene la produzione di materiali che svolgono funzione sia di muratura che di prodotto isolante.
Gli effetti sul corpo umano
La pianta di Cannabis ha dunque molteplici proprietà e può essere utilizzata per diversi scopi poichè essa è un enorme contenitore di sostanze chimiche (500 per l’esattezza).
A livello organico va ad agire direttamente su specifici recettori della membrana cellulare che innescano reazioni elettrochimiche a catena che poi provocano l’effetto psicoattivo della sostanza. Esistono recettori specifici per i cannabinoidi, chiamati CB1 e CB2, localizzati in parti diverse del nostro organismo e quindi responsabili di attività differenti su organi differenti.
La localizzazione prevalente dei recettori CB1 riguarda il Sistema Nervoso Centrale (corteccia cerebrale, ippocampo, amigdala, gangli basali, substantia nigra, midollo, interneuroni spinali) ma sono anche presenti nella milza, nel cuore, nei polmoni, nel tratto gastrointestinale, nel rene, nella vescica e negli organi riproduttori; mentre i recettori CB2 si concentrano nei tessuti e nelle cellule del sistema immunitario, come i leucociti e la milza ma anche negli astrociti delle cellule nervose.
Quindi si comprende come esista una differenza importante negli effetti dei Cannabinoidi in particolare tra quelli più importanti come il THC e CBD. Il THC è un agonista parziale di entrambi i recettori CB (cioè innesca i cambiamenti a livello della membrana cellulare con le reazioni biochimiche a catena su descritte) ed è responsabile degli effetti psicoattivi per la sua azione sui recettori CB1; inoltre il THC agisce anche su altri recettori non CB e su altri target quali canali ionici ed enzimi con risultati antidolorifici, antinausea, ipotensivi, euforizzanti e stimolanti l’appetito.
Il CBD invece non sembra legarsi né al recettore CB1, né al CB2 e quindi non sembra possedere principi di psicoattività ma influenza l’attività di canali ionici, enzimi con effetto antiinfiammatorio, analgesico, antinausea, ansiolitico, antiepilettico, antischemico, antipsicotico. Sembra comunque aumentare le sostanze endogene conosciute come “endocannabinoidi”.
Le differenze tra questi due principi attivi, THC e CBD, sono importanti da conoscere poiché esistono preparati a base di Cannabis con prevalenza di uno o dell’altro oppure di entrambi ma a concentrazioni variabili che quindi agiscono differentemente su distretti dell’organismo con effetti terapeutici diversi e farmacologicamente mirati.
Le indicazioni terapeutiche
Conosciamo 3 tipi di cannabinoidi che si distinguono in base all’origine delle sostanze stesse:
1. I Fitocannabinoidi: sono sostanza attive presenti nell’inflorescenze e nei preparati a uso medicinale come nei preparati galenici; oppure in forme registrate che si usano in caso di spasmi dolorosi.
2. I Cannabinoidi sintetici, sono sostanze simili a quelle naturali ma prodotti industrialmente come il dronabinolo e il nabiloide che attivano pienamente i recettori CB1 e quindi hanno effetti psicotropi più potenti rispetto a quelli naturali.
3. Gli Endocannabinoidi, sono sostanze endogene, cioè prodotte all’interno dei nostri neuroni, che agiscono sui medesimi recettori per i cannabinoidi, anche se non sono completamente assimilabili alle sostanze di origine vegetale. Questo composto endogeno è stato denominato anandamide, da ananda che significa “beatitudine“, e presenta affinità per il recettore CB1 e riproduce la maggior parte degli effetti del THC.
In letteratura medica si evidenzia che le condizioni patologiche su cui la Cannabis è farmacologicamente efficace riguardano diverse situazioni patologiche: sclerosi multipla, dolore cronico neuropatico, oncologia e Sindrome di Tourette, malattie reumatiche croniche, malattie cardiovascolari, in stati di ansia, stress, insonnia.
Altre condizioni mediche che possono trovare giovamento sono l’anoressia, in quanto la pianta stimola l’appetito, ma anche in ambito gastrointestinale per l’azione antinfiammatoria. La pianta ha anche importanti proprietà anticonvulsivanti, con tossicità praticamente assente.
Si studia inoltre l’utilizzo del farmaco in casi di sindromi epilettiche resistenti alla terapia tradizionale. La cannabis non guarisce i pazienti epilettici, come non guarisce i pazienti con sclerosi multipla, ma aiuta nel ridurre o annullare le convulsioni nei malati.
Anche nel Morbo di Parkinson sono promettenti gli studi, seppur la ricerca è in continua evoluzione, sia a scopo preventivo che curativo.
La somministrazione
Non va dimenticato che la Cannabis è classificata come stupefacente e la sola detenzione in Italia è perseguibile per legge e come ogni sostanza che agisce farmacologicamente può avere effetti collaterali.
A tal proposito le autorità competenti in Italia (AIFA Agenzia Italiana per il Farmaco e il Ministero della Salute) e in Europa (EMA European Medicines Agency) studiano e mettono a punto delle regole che verifichino scientificamente che i principi attivi contenuti nella pianta funzionino realmente per una data malattia, in che concentrazione e come somministrarla.
La cannabis viene somministrata con varie modalità che vanno dalla tisana, all’assunzione orale, inalatorio, rettale, per via endovenosa, sublinguale, transdermica. A scopo medico è sconsigliato vivamente l’utilizzo della sostanza “fumata”:
“Come altre sostanze a base di cellulosa la cannabis una volta bruciata genera particolato e catrame originando idrocarburi policiclici aromatici (IPA) notoriamente cancerogeni. Un soggetto fumatore abituale di cannabis ha una struttura bronchiale a tutti gli effetti simile a quella dei fumatori di tabacco…” (Firenzuoli F., Epifani F., Loiacono I, Cannabis per tutti, LSWR, Milano, 2015 p.50)
La cannabis non va somministrata durante la gravidanza, nei bambini, in presenza di patologie legate al fegato, reni, cuore, in disturbi maniaco-depressivi, in psicosi, in persone con storie pregresse familiari di schizofrenia o dipendenza da sostanze.
In natura esistono piante che sono potenti veleni come ad esempio il curaro estratto vegetale che paralizza la muscolatura portando a soffocamento. Dunque naturale non è sempre associabile ad effetto benefico. Affidarsi alla ricerca scientifica, a studi ripetibili, riproducibili e presenti in una banca dati consultabile può essere un vantaggio rispetto al fai da te che nasconde spesso un’ignoranza di fondo e che alimenta le finanze di improvvisati “guaritori tutto fare”.
Gli spinelli del nuovo millennio
Nella rivista Focus (n. 296, giugno 2017), Chiara Palmerini nell’articolo “Questo (non) è uno spinello” afferma che considerare con superficialità lo spinello, e quindi un elemento ricreativo poco dannoso, in realtà nasconde un pericolo: il principio attivo può essere superiore da 4 a 28 volte in più rispetto agli spinelli anni ’60 in quanto attualmente la pianta viene potenziata attraverso vari incroci. In poche parole se negli ’70 il principio psicoattivo di THC era del 3-5%, oggi il contenuto può arrivare al 25%.
Inoltre attualmente gli spinelli non contengono solo erba ma vengono arricchiti con sostanze sintetiche, per lo più sconosciute. Anche quelli che vengono passati per incensi possono essere molto dannosi perché non si conosce la composizione delle sostanze chimiche aggiunte che possono dare gravi effetti collaterali. Assumere queste sostanze ritenute “leggere” può portare a effetti collaterali gravi e difficili da trattare anche negli ospedali poichè nulla si può fare nei confronti di sostanze sconosciute e quindi senza antidoto.
Tra gli effetti di questi spinelli arricchiti, oltre a malattie respiratorie, si annoverano gravi forme di schizofrenia e psicosi, malattie gravi e spesso irreversibili. Senza dimenticare i danni provocati dall’assunzione di tali sostanze in chi conduce moto e autoveicoli e nei malcapitati che ne rimangono vittime.
Spinello… droga leggera?
Dott.ssa Rosa Genovese – Dott.ssa Cristina Colantuono